La natura del Mutria è viva, e può allestire spettacoli straordinari. Il palcoscenico è immenso, le luci strabilianti, le comparse infinite e il budget per gli effetti speciali illimitato.
Al termine dell’ennesima settimana di pioggia, che seguì il clima polare imposto dai venti siberiani del Burian, avemmo la fortuna di trovare una finestra di bel tempo proprio domenica mattina. In quei mesi, va detto, imparammo a muoverci nonostante le previsioni settimanali minacciassero continuamente le nostre avventure. Frutto questo tanto di un ragionamento sensato, come quello di esser sempre pronti a muoverci, tanto di sregolatezza determinata dal bisogno costante di evadere dal carcere domestico. Partimmo da Caserta verso le 7.00 del mattino. Avevamo avuto un paio di defezioni la sera prima, ma non perdemmo il piglio e decidemmo di muoverci ugualmente, così che già alle 8.30 eravamo a Bocca della Selva, dove Antonio e Marco erano da poco arrivati e ci aspettavano davanti al negozio dove avremmo dovuto ritirare le ciaspole. Prendemmo un caffè, e non appena fummo tutti pronti ci mettemmo in marcia sulla asfaltata che risale i tornanti del monte Mutria (1332 slm), nel settore orientale del Parco Regionale del Matese, tra le province di Benevento e Campobasso. L’effetto Burian aveva lasciato da qualche giorno il posto alle correnti calde provenienti dall’Africa, e fummo accarezzati dallo scirocco che intanto ingialliva e scioglieva la neve. Il sentiero, nei suoi primi tornanti, risaliva il fianco del Mutria e non presentava particolari difficoltà, al punto che fu anche inutile procedere con le ciaspole ai piedi. Quando però fummo circa a 1400 metri slm, iniziammo a trovare sotto i scarponi una serie di accumuli dei giorni precedenti, in fase di scioglimento. A quel punto ci ricompattammo, indossammo le ciaspole, e partimmo per quella che fu una nuova tappa firmata Hikers adventures.
La prima serie di tornanti ci vide impegnati ad affrontare l’adattamento delle ciaspole, che imparammo ad utilizzare non in uno schiocco di dita, ma che si rivelarono fondamentali nonostante le premesse di un clima tutt’altro che invernale. Dopo aver superato l’ultimo tornante prima di sbucare sul versante che affaccia sul monte Pastonico, quella mattina avvolto in una coltre di nubi che pian piano risaliva il versante minacciando di inglobarci in quel bianco, affrontammo una salita verso la faggeta che iniziò a metter alla prova le nostre gambe.
Ci sentivamo però pronti all’azione e, in breve, fummo già sul versante meridionale, incantati da un paesaggio fiabesco, in cui tutto ciò che si apriva dinanzi ai nostri occhi, appariva come un mare bianco, ed un arcipelago di centinaia di isole, fluttuavano e si stagliavano da esso. Una mole incredibile di nubi bianche, rimaste ancora basse sulle valli sottostanti, dalle quali partivano le tante cime dei Monti del Matese che, bucando quella coltre, emergevano verso il cielo come atolli sperduti nell’oceano. Il sentiero ora andava separandosi in una doppia direttrice. La prima, dava l’impressione di esser meno complessa, e proseguiva all’interno di una fitta faggeta, la seconda invece proseguiva al suo esterno, su un tratto esposto e reso complesso dalla neve accumulatasi nei giorni scorsi e resa morbida dalle temperature primaverili di quella giornata. Non sto neanche a dirvi quale dei due sentieri prendemmo, poiché alla sola vista di quel tratto così pendente, fummo tanto felici da non badare minimamente alla via comoda e sicura che proseguiva nel bosco.
C’è sempre una strana sensazione quando si tratta di scegliere una meta, una vetta o una destinazione che sia, e riguarda proprio il dove muoversi e cosa affrontare. Ecco, quando arriva quel momento c’è sempre una tendenza a rimuovere dalle ipotesi proprio il Mutria. Non so ben dire da cosa dipenda, ma so che dopo oggi, non lo accantoneremo più con tanta leggerezza nel cassetto dei progetti inutili, poiché in ogni suo aspetto, su ogni versante, non ha fatto che regalarci emozioni e paesaggi spettacolari. La natura del Mutria è viva, e può allestire spettacoli straordinari. Il palcoscenico è immenso, le luci strabilianti, le comparse infinite e il budget per gli effetti speciali illimitato. Si levarono da sud delle nubi dense e bianche. Ci trovammo quindi ad attraversare la ripida salita che conduceva alla cresta, cercando di non distanziarci troppo poiché era come ritrovarsi a vagare in uno spazio in cui l’orizzonte tra cielo e terra andava mescolandosi in una sola tonalità di bianco. La visibilità scese a non più di dieci metri davanti al nostro naso e fummo costretti ad attendere il passaggio di quella nube che, risalito il fianco della montagna, andava a disperdersi tra le cime del Matese, alle nostre spalle. Che brividi che riesce a regalare la montagna, quando si è pronti ad affrontare la sua imprevedibilità. Giunti in cresta, ciaspolammo sino ad arrivare alla vetta (1823 slm), dove fummo accolti da un vento gelido che ci costrinse ad affrettare le procedure del pranzo. E fu tutt’altro che semplice, vista la quantità e bontà dei salumi e dei formaggi che tiravamo fuori dagli zaini. Salsicce, caciocavalli, caciotte, prosciutti, salame. Tutto estremamente buono. Ma non potevamo indugiare oltre e così, dopo aver bevuto una tazza di tè caldo sentendoci anche un po’ nobili e salutari rispetto alla quantità di grassi ingoiata pochi minuti prima, ci rimettemmo in marcia verso il sentiero che ci avrebbe riportato a Bocca della Selva. La discesa presentava le medesime condizioni impervie della neve come per la salita, con l’handicap di dover appunto scendere in una neve ormai in disgelo. Avanzammo a passo spedito ed in circa un’ora e mezza fummo sui tornanti del sentiero che si ricollegava alla strada asfaltata di Bocca della Selva, ben contenti di esser riusciti a mantenere i tempi che avevamo calcolato, data l’imminenza della nuova perturbazione che colpi il Matese proprio in quegli attimi, portando con sé nuova pioggia.
Ne approfittammo quindi per una grappa e della cioccolata calda, prima di salutare il Mutria e congedarci fino alla prossima avventura.